giovedì 17 settembre 2009

Noto o ignoto?

Se un abbraccio ci rassicura e un altro ci appassiona, da quale ci lasciamo avvolgere?
Dinanzi al bivio serenamente familiare e magnificamente ignoto quale stada prendiamo?
Cosa cerchiamo in una relazione di amore, di amicizia, di lavoro, umana nel senso più lato del termine?
La più calda e serena sicurezza di un volto noto, di una voce materna o paterna, della mano dell'amico d'infanzia o l'accattivante e magica instabilità di occhi magnetici, di una voce suadente, di un pensiero destabilizzante?
Razionalmente optiamo per la serena familiarità, ma istintivamente e troppo spesso concretamente cadiamo, anzi direi ci fiondiamo, nell'appagante estraneità.
Il nuovo, l'ignoto, l'incerto, l'instabile, l'oceano, la notte, il silenzio, il nulla.
L'uomo si è sempre lasciato stregare da tutto questo. Da tutto ciò che è altro dalla terra, dalla stabilità e dalla sicurezza.
Paradossalmente, però, sul mare non vive. Cerca la terra. Cerca certezze. Ma queste non lo appagano.
Non viviamo senza certezze e serene familiarità, ma aneliamo incertezze e destabilizzanti estraneità.
La coerenza?
Un'utopia.

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