lunedì 30 aprile 2012

Two-way


Vladimir Kush (1965-), Moonlight sonata

Circles



Sento il tempo passare sulla mia pelle
e io mordermi la coda all'infinito


running in circle
always and only running and running in circle.





domenica 29 aprile 2012

sabato 28 aprile 2012

Conrad e il mare

Due ore
e il mare ritempra la mia anima
o forse la mia mente -l'anima non esiste. O forse sì, ma è solo un dettaglio questo. Questione di nomi, di etichette-

La linea d'ombra
Rileggo le prime righe -voglio cogliere ogni singola parola, lasciare che la lettura mi rapisca di nuovo, come un tempo, e mi strappi anche solo per pochi minuti alla realtà così incolore, così inodore, così amorfa e anonima, smisuratamente grottesca-
Conrad saprà salvarmi?
Presto per dirlo
sollevo lo sguardo e vedo
la linea dell'orizzonte, blu
come il cielo e come il mare.
Blu.
Il mio colore.
Non potrei prescindere dal B L U.
Un mio amico diceva che eravamo condannati ad avere l'anima blu, bluesoul.
L'anima.
Già due volte ho usato questa parola.
A N I M A.
Come animati o come animali?
Respiriamo e abbiamo vita, siamo animati
e siamo anche un po' animali per le funzioni e gli istinti, no?
E abbiamo anche la ragione,
che sul più bello ci saluta.

Discussione ora troppo impegnativa e io ho aperto questa pagina, questo mio diario -perché il cartaceo non lo ho più da quando Laura è andata via e non so più a chi scrivere, a chi parlare. E scrivo qui. Dalla grafia con la quale erano scritte le pagine, prima, si poteva cogliere lo stato d'animo con il quale le scrivevo, ora non lo si può più fare. La grafia è uniforme e meccanicamente identica, tuttavia i pensieri si fissano nello spazio e nel tempo e nel ciber-spazio. Ma , dicevo, ho aperto questa pagina quasi per caso, non era mia intenzione scrivere stasera, per cui non voglio e non posso essere prolissa nè complicatamente cervellotica.-

Penso e ripenso e ripenso
a tante cose
volti
situazioni
parole
giorni.

Stop
oggi avevo bisogno di dire stop
oggi ho detto stop
"Andiamo al mare!"
e il mio cervello ondeggiava come il mare
e le parole di Cornad risuonavano nella mia mente che le leggeva ad alta voce.
Abbandona la nave alla ricerca di qualcosa che non sa neanche lui.
Il protagonista -Conrad da giovane-
Io.
Ma le fughe non servono mai.
Il nostro io ci segue sempre e ovunque.
Con i suoi dubbi
rimpianti
dolori.

Sublimare.
Incanalare tutto
in altre forme.
Studiare e realizzarsi/realizzando.


venerdì 20 aprile 2012

Metafora di Vita

Between Reality and Appearance.

M.C. Escher, Metamorphose


giovedì 19 aprile 2012

Io, l'altra.

Adesso siamo tutti felici.
Tu, lei e l'altra -che sarei io-
Già, perché io sono sempre stata l'altra, non lei. Solo che non lo sapevo.
L'ho capito dopo, quando lei mi ha raccontato tutto e io l'ho ascoltata, in silenzio, immobile, seduta su un gradino all'ombra di un albero. Poi, quando ha chiuso il telefono, ho telefonato alla mia amica e le ho raccontato tutto e solo allora, ripetendo quelle parole io stessa, le ho ascoltate davvero, dalla mia stessa voce, e silenziose lacrime, dietro le lenti celesti dei miei Rayban, mi hanno appannato la vista e rigato il volto.
Difficile da spiegare, ma non era dolore per quello che stavo vivendo, ma per quello che avevo vissuto.
Piangevo perché allora -non ora, ma allora-, mentre credevo di vivere una cosa bella, fresca, vera -strana e dolorosa, tuttavia vera- vivevo una farsa, della quale ero inconsapevole attrice -forse più spettatrice?-
Piangevo perché allora avevo creduto che quella canzone la stessimo ascoltando io e lui e invece la stavano ascoltando lui e lei e per caso anche io -o forse non per caso, ma per cattiveria o burla di lui-
Piangevo per le belle parole allora dette o soltanto pensate, per aver creduto di vedere del bene e del buono in quegli occhi verdi, per aver teso la mia mano a un'anima tormentata, tormentandomi io stessa senza riserve.
Piangevo per il passato più che per il presente.

Ma poi mi sono fermata.
Pian piano le lacrime sono cessate e nella mia mente si è fatto spazio il pensiero 'se nulla era come mi appariva, se nulla allora era vero, perché stare male? per qualcosa che, in realtà, non è mai stato se non nei miei occhi?'
Lei mi aveva dato la chiave per non piangere più, per stare bene, per superare il passato farsesco che avevo vissuto.
Lei.
Paradossalmente la con-causa del mio dolore passato -o meglio presente per il passato- era ora colei che mi tendeva -inconsapevolmente- una mano per uscirne, per guarirne.

Un dolore caustico.

E' stata l'ultima volta che sono stata male, che ho pianto per lui.
Anzi che ho pianto per me stessa. Per la mia ingenuità.

Poi sono guarita.
Sono guarita da un'ossessione. Da una dipendenza insana.

Mentre vedevamo l'ultimo film di Verdone -mi ero già addormentata un paio di volte mentre tu mi accarezzavi la testa- ero serena. Non perché fossimo insieme e io credessi, mi illudessi ancora che tra noi potesse esserci qualcosa -e tu certamente hai pensato che io stessi pensando questo-, ma perché non potevo più stare male, avevo visto tutto sotto una luce nuova -e te lo avevo anche detto 'tu per me sei un amico adesso'- lei aveva portato la luce nelle tenebre, mostrandomi angoli di quella stanza buia che non avevo mai visto prima, accecata da te -dalle tue parole, dalle tue canzoni, dalle tue stranezze-.
Ero serena quella sera e ti abbracciavo con affetto e serenità, perché non potevi più farmi stare male come un tempo. Eri disarmato ai miei occhi. O forse avevo io ora una robusta corazza.

Ecco perché non aveva senso e non ne ha tutt'ora la tua idea che io abbia plagiato lei contro di te.
Perché anche se non so -posso immaginarlo ma non saperlo con certezza- perché lei mi abbia cercata, abbia instaurato un rapporto confidenziale con me, tuttavia mi ha giovato, perché da allora, da quelle conversazioni notturne, da quella conversazione dopo la quale ti scrissi quel messaggio su Fb, io ti ho visto in modo diverso, con occhi diversi e non ho più pensato a te come ti pensavo prima -anche perché ho visto lei in modo diverso, non più come una rivale --poi per chi e per cosa?-- ma come una ragazza che, al di là delle sue intenzioni, mi aveva aiutata-

Il seguito si è scritto da solo.
Dovrei essere arrabbiata per le offese gratuite ricevute, ma non ne vale la pena.
La verità la so io e questo mi basta.

Lui e Lei ora sono felici.
E l'altra-io anche.
Perché forse una fine drammatica doveva esserci affinché fosse definitiva -o forse con un po' di lucidità da parte di lui si sarebbe potuta evitare, ma ormai è andata-

A un inizio corrisponde sempre una fine.

M.C. Escher, Smaller and smaller, 1956